Alla fiera dell’Est,
per due soldi,
un topolino mio padre comprò.
Angelo Branduardi
Non alla Fiera dell’Est ma in un “punto no profit”, non per due soldi ma per tre, mi sono aggiudicata il libro: “Cappuccetto rosso, vedre, giallo, blu e bianco” a cura di Bruno Munari (Einaudi Ragazzi).
A primavera, complici le giornate più lunghe e luminose, spesso vengono i scalmann de la sciura Pina, e si fanno le cosiddette pulizie di primavera. A me son venute con mesi di ritardo ma ho preso la mia borsona di tela piena di libri che trovavo noiosi o non mi hanno particolarmente colpito e difficilmente avrei riletto, e li ho portato in un punto no profit, la raccolta è gratuita, la vendita a pagamento, piccolissime cifre per grandi titoli, come è capitato a me con Munari.
Tutti conoscono la favola di Cappuccetto rosso o nella versione dei fratelli Grimm o di Perrault, pochi sanno che anche Italo Calvino ne ha scritta una sua versione. Tralasciando la lettura psicologica della favola (alcuni vedono nella morte apparente e rinascita di Cappuccetto Rosso il pasaggio dall’infanzia alla vita adulta), Bruno Munari ha fatto di più, pur mantenendo l’impianto e la morale educativ: abbandonare la strada consigliata dalla mamma per seguire i propri istitnti può avere conseguenze pericolose, ha dipinto piccole eroine, brillanti e coraggiose – anche così si dimostra di essere grandi, a colpi di intelligenza – che nel pericolo con astuzia trovano la via d’uscita. Senza i risvolti violenti e splatter delle versioni originali della favola: nessun lupo viene sacrificato per queste storie ma in tutte le versioni Cappuccetto arriva dalla nonna e torna a casa dalla mamma incolume. Lieto fine.
Il libro, o meglio la raccolta, si conclude con quel gioiello di Cappuccetto Bianco. Semplicemente geniale.
Cappuccetto Bianco, vestita di bianco, immersa nella neve non vede la casa, non vede la panchina nel giardino e nemmeno il lupo si vede.
Mai vista tanta neve.